MATERIA PRIMA – Rivista di psicosomatica ecobiopsicologica
La Vita si fa Mente
Numero XXV – Maggio 2025 - Anno XV
Il Femminile nel mito
di Gisella Sarto
>>> Vai al pdf pp. 42-43 <<<
Bisogna fare un tuffo nel passato per ritrovare nella psiche originaria e nelle profondità dell’inconscio collettivo, simboli e figure che contengano la metafora del femminile, frutto di proiezioni che fanno la loro comparsa nei vari racconti della storia dell’umanità, appartenenti per lo più a testimonianze orali. Nella Bibbia Jahvista secondo la religione ebraica fu Lilith la prima donna di Adamo, creata insieme a lui dalla stessa polvere. Lilith è simbolo di un femminile ribelle, rifiutato e respinto dalla cultura rabbinica e patriarcale dell’epoca, che nega il potere di un femminile divorante e castrante generato dall’archetipo della Grande Madre. Nell’Alfabeto di Ben Sir?, l’amore tra Adamo e Lilith fu subito conflittuale soprattutto nell’atto sessuale, Lilith non volle sottomettersi a Adamo, non volle stare sotto di lui perchè fatta della stessa polvere e quindi uguale a Adamo. Così Lilith fuggi nel Mar Rosso si unì ai demoni e fu punita da Dio e relegata a un’esistenza da demone. La sua figura venne cancellata nella Bibbia rabbinica che invece narrerà di Eva che a sua volta trasgredisce la Legge mangiando la mela, il frutto del Peccato Originale, rappresentando la donna ribelle e curiosa che con il suo gesto ricerca la conoscenza ed esce dalla condizione di subalternità all’uomo che la porterà ad una presa di coscienza e a uno sviluppo da un femminile aggressivo e istintuale che imprigiona, quello di Lilith, a un femminile più evoluto attraverso un risveglio della coscienza che troverà il suo culmine della trasformazione spirituale nella figura della Vergine Maria.
Il modello che Lilith rappresenta è stato ripreso e idealizzato da molte femministe dell’epoca moderna che hanno interiorizzato solo la parte più aggressiva del femminile tralasciando quel potere fatto di sentimento, cura e accudimento. Lilith sottolinea la rinuncia ad un Animus e la perdita della sua identità rinunciando a una dimensione tipicamente femminile che fa scaturire una sofferenza data dal senso di separazione tra i due principi archetipici junghiani del maschile e del femminile che solo se integrati nella personalità possono salvare l’uomo moderno dalla eccessiva polarizzazione dei due.
AUTRICE: Gisella Sarto – Psicologa, Specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Istituto Aneb.
È possibile leggere l’intero articolo in Sarto, G., Il femminile nel mito, in La Vita si fa Mente, Atti del II Congresso Nazionale di Ecobiopsicologia, Istituto Aneb, Independently published





Accedi all'area riservata